Con Nota n. 4477 del 22 maggio scorso, il Ministero del Lavoro ha fornito chiarimenti in merito all’individuazione nello statuto delle attività ex art. 5 comma 1 del Codice del Terzo settore da parte delle associazioni affiliate alle cd. reti nazionali.
Il caso prospettato riguarda le associazioni che in sede di richiesta di iscrizione ai registri delle APS o delle ODV, hanno presentato statuti improntati al d.lgs. n. 117/2017, nei quali risultavano contemplate tutte le attività di cui all’articolo 5 del decreto medesimo.
Rileva il Ministero che l’oggetto sociale, anche a tutela degli obiettivi di conoscibilità degli enti del Terzo settore, delle loro caratteristiche e del loro operato, non può risultare indefinito. E’ quel che avviene in caso di una previsione statutaria che elenchi pedissequamente tutte o quasi le attività di cui all’articolo 5: non si tratta di un (malinteso) esercizio di autonomia ma del mancato rispetto (quantunque involontario) del principio di trasparenza, in primo luogo a danno di coloro cui è precluso aderire “ad una compagine di cui siano chiaramente individuate (e ragionevolmente collegate tra loro) attività e finalità”. La necessaria puntuale selezione ai fini dell’inserimento nello statuto della o delle attività che costituiscono l’oggetto sociale, secondo un criterio volto a definire l’ente, non limita in alcun modo la possibilità per quest’ultimo di variare tale oggetto, anche attraverso eventuali ma sempre ragionevoli ampliamenti o modifiche: tale variazione tuttavia deve essere la conseguenza di una evoluzione, frutto partecipato della volontà degli associati.
Tali principi non possono essere disattesi dalle associazioni aderenti a reti nazionali, semplicemente adducendo quale giustificazione la necessità (aprioristicamente e apoditticamente enunciata) di mantenere la possibilità di essere coinvolte in attività realizzate da altri enti appartenenti alla medesima rete associativa.
Evitare o eludere tale necessario percorso finirebbe per rendere particolarmente difficoltosa anche la valutazione sull’effettivo perseguimento da parte dell’ente delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale, da parte dei soci, degli amministratori, delle pubbliche amministrazioni preposte al controllo, considerando che tali finalità devono trovare concretizzazione sia nella rappresentazione statutaria che l’ente dà di sé, sia nell’effettivo perseguimento delle proprie attività; in caso contrario tali finalità resterebbero l’enunciazione di una mera clausola di stile all’interno degli stessi statuti.