La Corte Costituzionale, con la sent. n. 185/2018, pubblicata nello scorso mese di ottobre, si è pronunciata in merito alle questioni di legittimità promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia degli artt. 61, comma 2; 62, comma 7; 64; 65 e 72 del Codice del Terzo Settore.
La Regione Veneto aveva sollevato la questione di legittimità dell’art. 72 sul presupposto che il dettato di questa norma, disciplinando le modalità di utilizzo e funzionamento delle risorse del “Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo Settore”, avrebbe inciso significativamente su numerose aree di competenza regionale, divenendo uno strumento d’ingerenza dello Stato nell’esercizio di talune funzioni degli enti territoriali, determinando così una limitazione delle capacità e dell’autonomia degli enti.

Il suddetto Fondo, volto a sostenere lo svolgimento delle attività di interesse generale degli Ets, promuovendo e finanziando nuove iniziative e progetti, è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, annualmente, tramite un proprio atto di indirizzo, determinati gli obiettivi generali, le aree d’intervento prioritarie e le linee di attività finanziabili entro i limiti delle risorse disponibili, è tenuto ad individuare i soggetti attuatori degli interventi sostenibili attraverso le risorse del fondo.

Nel merito, la Corte Costituzionale ha dichiarato la fondatezza della questione, delimitando tuttavia la declaratoria di illegittimità costituzionale al solo terzo comma dell’articolo che non prevede alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni nella fase di determinazione degli obiettivi e delle aree di intervento, causando quindi una lesione del principio di leale collaborazione sancito ai sensi dell’art. 120 Cost.
La Corte ricorda, infatti, che la disciplina statale dei finanziamenti in materie che spettano alla potestà legislativa regionale può essere compatibile con l’assetto costituzionale della suddivisione delle competenze fra Stato e Regioni solo nel caso in cui i fondi siano gestiti nel rispetto delle vigenti forme di coinvolgimento delle Regioni stesse. Coinvolgimento che, per costante giurisprudenza, dovrebbe avere sede nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni.