Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con una nota del 3 maggio ha chiarito che, anche con riferimento alle imprese sociali, possono e devono essere integralmente applicati i criteri di computo dei lavoratori svantaggiati impiegati dalle cooperative sociali finalizzate all’inserimento lavorativo di persone che presentano le caratteristiche di cui all’art. 4 comma 1 della L. n. 381/1991.

Ai sensi del comma 4 del D.Lgs. n. 112/2017, è considerata attività d’impresa d’ interesse generale quella  in cui per il perseguimento di   finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale sono occupati, in numero non inferiore al 30% dei lavoratori, soggetti molto svantaggiati o con disabilità (ai sensi dell’articolo 2, numero 99, REG. UE  n.  651/2014 e ai sensi  dell’articolo 112, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016) o, altresì, persone beneficiarie di  protezione internazionale o senza  fissa  dimora che versano in  una  condizione di povertà tale da non poter reperire e mantenere  un’abitazione  in autonomia.

Al fine di creare opportunità lavorative per tali soggetti che, proprio a causa della loro condizione di disagio trovano difficoltà all’inserimento nel mercato del lavoro, anche e soprattutto laddove si richieda loro una prestazione lavorativa a tempo pieno, la determinazione del 30% dei soggetti svantaggiati deve quindi essere effettuata “per teste” e non in base alle ore di lavoro svolte da questi.

Occorre inoltre precisare che, proprio in ragione delle finalità solidaristiche perseguite, tali persone cosiddette “svantaggiate” non concorrono alla determinazione del numero complessivo dei lavoratori cui ci si deve riferire per la determinazione dell’aliquota delle stesse.