Con la sentenza n. 10124/2019 la Corte di Cassazione ha stabilito che gli enti senza fine di lucro non possono essere esentati dal pagamento delle tasse sugli immobili in cui svolgono attività volte ad offrire beni e/o prestare sevizi a fronte del pagamento di un corrispettivo anche minimo per la copertura dei costi e la remunerazione dei fattori di produzione. 

Il riconoscimento del diritto di esenzione è infatti condizionato non solo al fatto che l’immobile sia posseduto da un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali ma è anche necessario che le attività esercitate al suo interno rientrino fra quelle previste dalla legge come esenti e che queste non siano svolte con modalità proprie da poter essere classificate fra quelle “economiche”; in queste ultime sono fatte rientrare quelle organizzate per l’offerta di beni e la prestazione di servizi dietro il pagamento di un corrispettivo funzionale ed adeguato alla copertura dei costi e al finanziamento degli investimenti.  

La Corte di Cassazione ha altresì precisato che non può essere attribuito alcun valore vincolante al decreto n. 200/2012 del Ministero dell’Economia e delle Finanze che definisce il concetto di “modalità non commerciali” di svolgimento di determinate attività. In particolare, è evidenziata l’irrilevanza del criterio ministeriale con cui è stabilito che tutta la sanità privata può essere considerata “esente” purché si tratti di attività accreditata, contrattualizzata o convenzionata con il servizio nazionale.